…Kazakistan, tra canyon e ambasciate

Come cominciare a descrivere quest’altra avventura in terra Kazaca…frutto di coincidenze, incontri e situazioni nuove…dalle persone…anima di tutto…

Almaty, una città che fu capitale del Kazakistan (oggi è Astana, o meglio da poco tempo rinominata in Nur Sultan), direi per molti versi quasi europea, ci trovo un concessionario Land Rover appena ristrutturato con il direttore che parla inglese…una salvezza per poter ordinare velocemente i pezzi di ricambio che mi servono, e quindi un caffè, filtro aria, filtro olio e sono pronto a fermarmi nell’ostello scelto in Almaty per qualche giorno. La scelta di fermarmi è dovuta alla necessità di avere un permesso Uzbeco per introdurre il drone che porto con me, quindi ben conscio delle lunghe attese che mi aspettano presso i consolati e ambasciate di questi paesi decido di concedermi il lusso di una doccia e un bagno degno di questo nome. Continuo invece a dormire in tenda, nel parcheggio privato della struttura, ormai la sento troppo come fosse casa mia, anzi, lo è! Dopo tre giorni passati in fila nei vari sportelli per poi essere rimbalzato ad altri uffici (di sicuro non essere per nulla padrone almeno del russo non mi ha aiutato) decido di passare il week-end nel parco naturale distante circa 250 km a est di Almaty dove si trova un canyon molto frequentato anche dagli abitanti del posto.

Qui incontro una coppia francese che viaggia su un defender 110 e una coppia tedesca che invece viaggia su di un pick-up con cellula abitativa. Subito facciamo gruppo e decidiamo di passare la notte nel parco. Turisti, autoctoni e passanti cominciano ad accerchiarci per cominciare la lunga serie di selfie con gli stranieri! Il Camietto fa la sua figura, mentre il sole comincia a scendere e la sua siluette si staglia nel celo del Kazakistan. Una coppia di novelli sposi si fa coraggio…e in un attimo sono arrampicati sulla scala per entrare in tenda e continuare il oro book matrimoniale con scatti in pose che solo loro sanno inventare. Tutto questo mentre mangiamo formaggio di cammello, bibite fermentate di dubbia provenienza e per non farsi mancare nulla, proposte di attempate spose Kazache in cerca di miglior sorte (se lo dicono loro…). Paesaggi stupendi, montagne che si tuffano in altipiani senza fine, mentre il sole lascia posto alle stelle che ci regalano uno spettacolo che ci terrà svegli per molte ore (ok, ok, anche l’alcool ha dato una mano a rendere magica la notte…)

Saluto i nuovi compagni di viaggio, un attimo o una vita assieme in viaggio, basta a creare dei legami che spesso durano nel tempo, per questo ci scambiamo i contatti e ognuno riprende la propria via, chi verso l’Europa chi verso le terre della Mongolia. Per me vuol dire tornare in ostello ad aspettare il permesso, che però immancabilmente non arriva e mi costringe a prolungare il calvario cercando soluzioni alternative alle lunghe mattinate passate in coda tra richiedenti visto e apolidi in terra straniera. Devo farcela, e mi rituffo nel pentolone di persone che ogni giorno affollano con calma e sudore i varchi d’entrata di ambasciate e consolati.

Una sera, mentre leggo un libro in tenda sento una voce italiana che dice “ci sarà mica un italiano dentro quella tenda?” La prima reazione è coincisa con uno sguardo furtivo attraverso la cerniera semi aperta per far passare l’aria…OK! non è Equitalia!!! posso uscire! Conosco così Paolo, un “ragazzo” come me ha appena passato la quarantina e che viaggia per scoprire il mondo zaino in spalla. Cominciamo a raccontarci qualche aneddoto sui nostri viaggi, ma poi preferiamo tornare a socializzare con gli altri ospiti dell’ostello. Il mio programma a questo punto prevedeva di partire in direzione Uzbekistan, ma parlando con amici del posto (ma questa è un’altra storia) scopro dell’esistenza di un lago proprio vicino al canyon visitato il giorno prima…nulla di straordinario, ma visto il costo del gasolio di circa 0.44€/lt e lo stile vagabonding mi scappa il matto di visitarlo. Propongo a Paolo appena arrivato e voglioso di riposare se fosse interessato a passare una notte al lago…e dopo aver ragionato da vero viaggiatore (sono occasioni da vivere al volo) decidiamo di partire sul Camietto direzione Lago!

Roberto

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L’invito a cena nella Yurta


I paesaggi sono in grado di levarti il fiato, e finalmente ho qualcuno a cui percuotere la spalla dicendo “ma vedi quello che vedo io?! Interrompiamo spesso l’avvicinamento alla meta per percorrere strade sterrate che lasciano l’asfalto e scomparire dietro la prima collina… Scopriamo paesaggi fantastici che sappiamo pochi hanno avuto la fortuna di vistare e questo ci rende ancora più vogliosi di non perdere neanche un riflesso o raggio di sole che illumina tra ombre e luci il dolce alternarsi di colline, montagne e pianure di steppa.

Prima di arrivare il lago troviamo un punto di blocco dove dobbiamo pagare per proseguire nel parco e dopo il controllo passaporti e annotazione di rito del nostro passaggio su quadernoni che neanche alle elementari , è ora di fare la buona azione quotidiana….decido di far salire un’autostoppista autoctono che aspetta appena dietro la sbarra del parco. Le comunicazioni proseguono in un misto di kazaco, italiano, inglese, francese e russo… ma alla fine arriviamo a capire che per loro è la via naturale per spostarsi il chiedere passaggi! in effetti mi era già chiaro, tutti lungo le strade vivono costantemente facendo gesti a chiunque passi, polizia compresa.

Arriviamo al lago ma la guardia non vuole farci scendere in macchina, pensiamo di dormire nel parcheggio e scendere la mattina seguente, ma scatta un gioco di sguardi con il nostro passeggero e dopo aver confuso tutto il confondibile capiamo che ci invita a dormire vicino alla sua Yurta. Proseguiamo su una stradina di fango tra cavalli, capre e umani. Il paese si desta ad osservare lo straniero (paese di 4 tende e non so bene quante famiglie) e anche qui scatta il momento selfie e sguardi persi nel vuoto. Ma è mentre Paolo monta la sua tenda che arriva la proposta indecente…il capo famiglia ci invita a cena nella Yurta! Non ho neanche provato a fingere un rifiuto, ero felicissimo ma combattuto dalla voce nella testa che mi diceva “non prendere caramelle dagli sconosciuti!”… Forse proprio per questo ho deciso che questi non erano sconosciuti, ma brave persone che vivono con regole e usi diversi dai miei.

Qui scatta la situazione comico/grottesca dell’entrata nella tenda tra mille occhi confusi nell’ombra che mi scrutano, tra sorrisi e gesti cordiali che mi invitano a sedermi sui tipici tappeti che coprono il pavimento, ovviamente al posto d’onore, mentre dall’unica porta comincia il febbrile viavai delle donne che si preoccupano di offrire una tavola colma di tutto quello che hanno. Gli uomini si preoccupano invece di offrirci bicchierini di vodka per insaldare la posizione di ospitalità, alcuni però noto bere birra al posto della vodka, altri invece sono felici di accompagnarci al baratro. Il piatto principale è pecora e capra con patate e carote, servite su piatti in centro tavola dove fa sfoggio per prima cosa il cranio delle bestie sacrificate al banchetto…ci serviamo con le mani, questo è un gesto di riguardo perché la forchetta potrebbe essere stata usata da altri e mal lavata, mentre le mani sono le tue e sai cosa ci hai fatto…..ma è proprio questo il problema… Devo dire tutto molto buono e gustoso, sarà per effetto della vodka, sarà per la situazione, sarà perchè la fioca luce che filtra dall’apertura alla sommità della tenda rende tutto più magico e surreale.

Dovete sapere che Paolo “è” vegetariano, creando un po’ di stupore in me mentre lo vedo cedere dinnanzi le insistenti richieste dei commensali… addentando un pezzo alla volta e una coscia e una costina… lui stesso si stupisce ma già comincia a pensare al suo stomaco non più abituato a tali cibi! ormai una carota o una patata non ti salveranno! mezzo capretto è andato e già prevede fuoco e fiamme dietro al sipario di moralità e processi chimici che come in un girone dantesco prende vita nel suo stomaco. E’ ora di ritirarci e ci avviciniamo alla tende, ma appena le luci delle nostre torce illuminano fievoli l’erba che ci conduce ad esse un folto numero di strane figure comincia ad avvicinarsi…prima un ragazzo su bicicletta elettrica (sei sopra una montagna, tra cavalli, capre, mucche e pecore, 4 tende tipiche quasi senza elettricità se non quella di piccoli generatori, che nemmeno un venditore ambulante oggi vorrebbe, che vengono spenti dopo pochi minuti e non ti aspetti una bicicletta elettrica!!) che dopo pochi convenevoli ci invita a bere sul lago! In un attimo lui capisce che non abbiamo da bere, e nello stesso attimo noi capiamo che sarebbe sparito nel tempo di…sparito! Poi è l’ora di due bambini che in piena notte, muniti di canna da pesca si accingono a lanciare le esce, ma prima vogliono salutare questi loschi figuri che scombinano la tranquillità della comunità. Due parole, qualche sorriso e se ne vanno con una torcia led nuova fiammante che mi avanzava…quanto paga un sorriso non finirà mai di sorprendermi! Ora viene l’ora dei ragazzotti di paese che arrivano lanciati con una macchina della quale non saprei descrivere neanche il colore e che dopo averci illuminati con i fari scendono e sembrano essere infastiditi dalla nostra presenza, magari ho frainteso ma il gesto del taglio della gola mi sembra di averlo intravisto…mah…facciamo finta, peraltro senza troppi problemi, di non capire e dopo un attimo se ne vanno…bene, possiamo dormire tranquilli con lo spray al peperoncino sotto il cuscino…. Ehhhhh no! non finisce qui, a ridare lustro alla stima per queste, e tutte le persone chi arriva? i due bambini che stavano tornando dalla pesca…tornavano per restituire la torcia!!! A questo punto non capisci più nulla, c’è chi ti invita a tavola nella loro tenda, chi ha imparato a convivere con i forestieri, chi ancora sente queste intromissioni come un problema….ma alla fine chi ti insegna a vivere sono due bambini con la canna da pesca!

Chiusura dissacrante…come conseguenza a questa giornata e nottata, Paolo ha avuto una relazione intima che lui descrisse come abbastanza burrascosa, con tutti i gabinetti incontrati dal lago al ritorno in ostello…ma ricorda con emozione specialmente l’ultimo ormai in città, dove è entrato in un ristorante di corsa senza dire nulla a nessuno e ne è uscito alla stessa maniera….

Roberto

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La Russia

Riprendo dopo qualche tempo il mio racconto, dalla Russia…carico di timori e aspettative, per questi territori a volte ostili ma sempre incantevoli, per tutto quello che fino ad oggi mi è stato raccontato su questo popolo.

Ho scelto di entrare dalla dogana terrestre più a sud sul confine Russo-Finlandese, e ci arrivo in tarda serata, anche se la luce come succede a queste latitudini stenta a lasciare il posto alla notte. Preferisco fermarmi a dormire e affrontare la burocrazia ignota e tanto demonizzata da chi me ne ha parlato fin ora al mattino successivo. Dormo in un parcheggio di interscambio per i camion che continuamente vivono in fila davanti a queste transenne che dividono due mondi. Mattino che arriva in un attimo, e sempre in un attimo mi ritrovo in coda anche io, ma per fortuna dopo appena pochi metri, passata una strettoia intravedo una corsia dedicata alle auto, e capisco che mancano ancora 3 km alla frontiera…ma non c’è più nessuno… sono solo aspettando di trovare qualcosa che ancora mi rende nervoso. Finalmente un gran traliccio con dei semafori rossi su tre corsie al quale mi fermo…e vedo dove devo passare… Passati dieci minuti nulla si muove, e provo ad avvicinarmi a piedi verso la guardia che sonnecchia dentro lo stanzino con i vetri a specchio…non lo vedo.. non si fa sentire.. la porta è aperta… e da bravo Italiano ci ficco dentro la testa scatenando urla quasi avesse trovato la moglie a letto con qualcun altro. Mi indica un cartello di divieto d’entrata appeso alla porta, ma che non avevo visto perché appunto, la porta era aperta… Aspetto altri dieci minuti e lo stesso esce con un sorriso sereno… qualcosa non quadra… devo ancora farci l’occhio a capire certe espressioni. Tant’è, gli chiedo dove posso dichiarare alcune cose e dopo avermi risposto in russo (ovviamente ci siamo capiti a gesti) ha premuto il pulsantino del verde facendo passare tutte le auto che nel frattempo si erano parcheggiate in coda alla mia.

Entro nella zona di nessuno, ogni cancello, ogni sportello, ogni singolo spostamento è scandito principalmente da tanto tempo…ma tutto scorre e tra sguardi incuriositi e la spasmodica ricerca vana di qualche doganiere che sapesse l’inglese… mi devo ricredere su tutto quello che mi avevano raccontato, oltre ai tempi lunghi, ma questi non mi spaventano, persone disponibili e per quanto esteticamente rigide molto educate. Pensate che alla fine prima di “liberarmi”, nel ridarmi i documenti si è scusato in inglese per il suo inglese!!!

Mi si aprono le porte della Russia, e punto subito a San Pietroburgo, non sono molti chilometri ma ormai era metà pomeriggio…quindi cambio due soldi e compro una sim russa al primo posto utile e mi metto in strada, con il sole alle spalle e tanta voglia di vedere. La prima sera la passo dormendo assieme ai pescatori sul ponte che chiude la “baia” di San Pietroburgo, proprio a metà dove anche trovare un parcheggio si è dimostrato difficoltoso… qui hanno una vera passione per la pesca, gli ultimi sono andati via alle 3 di notte e i primi sono arrivati alla stessa ora…ma ne frattempo si sono alternati anziani che passano il tempo, appassionati con gommoni pieghevoli sopra la macchina, ragazzi e ragazze che con la scusa di pescare si sono passati una serata tra gli scogli, personaggi strani che arrivavano a farsi un selfie sulle rocce e poi scappavano, ragazzini che arrivavano a nuoto da non so dove, signore che portavano la cena a mariti dispersi tra le lenze… dopo tutto un italiano con un fuoristrada che fa il giro del mondo non era la cosa più strana.

Il giorno dopo visito un fortino a due passi dal ponte, il 90% ormai distrutto e aperto al pubblico, il restante ancora attivo con radar che monitorano la baia, recinzioni di legno marcio e soldati di leva che tagliano l’erba di un giardinetto microscopico con falciatrice a scoppio ormai con più ruggine che un’ancora abbandonata. Ma camminando trovo la sorpresa, una spiaggia di sabbia grossa, pulitissima, piena di mamme con bambini che giocano immersi nel vento caldo di una giornata che per temperatura poteva farti dimenticare di essere a San Pietroburgo. Ma non resisto, devo provare l’acqua ed in un attimo sono dentro… mmmm… un po’ freschina ma basta uscire e riscaldarsi al sole guardando i bambini che continuano a giocare tra le onde quasi a scherno verso l’unico adulto che aveva voluto entrare con loro… farmi una domanda prima?

Ok, entro in San Pietroburgo… cerco un parcheggio che avevo già individuato su un’app per camperisti… praticamente un piazzale dietro la porta di un campo da calcio, con servizi e docce dentro un tendone da camion… quelle dei giocatori!!! Qui ho incontrato una coppia tedesca che viaggia con un cane e un bellissimo camion Mercedes 4×4, alto, nuovo, imponente, con tutto dentro e fuori, praticamente il sogno di ogni viaggiatore in offroad. Ma questo poco conta…subito ci si conosce, passato il primo mento ormai standard delle domande di rito, passiamo a decidere cosa fare questa sera! tempo di passare in ufficio per registrarmi e trovo un’altra coppia di ragazzi che si aggiunge alla compagnia… altri due tedeschi ma con pulmino raffazzonato alla meglio partiti da poco per qualche mese di libertà. A questo punto non ho più scuse, fuori caviale, prosecco e zuccherini!!!!!! Dovrebbe essermi ormai normale, ma adoro questi momenti di conoscenza, scambio di esperienze, giovialità, sguardi che fanno finta di dire ho capito ma che sai non hanno capito nulla… insomma, il giorno dopo ci salutiamo con la promessa da viaggiatore di provare a rivederci in centro Asia.

Prima di proseguire per Mosca ho voluto far tappa a Novgorod, città che mi dicono più vecchia di Mosca… ed infatti stavano festeggiando i 1160 anni dalla fondazione… una gran sorpresa perché l’avevo scelta solo come tappa di avvicinamento nella quale mi sono fermato invece tre giorni! Provo a parcheggiare vicino ad un monastero sul fiume che passa per la città, mi ci fermo tutto il pomeriggio visitandolo e poi mi preparo per la notte ma… è già, quelle cose che di colpo ti rendono probabilmente senza motivo, insicuro, ansia… nulla di che, una donna che passava torna indietro per vedere bene la targa… non chiedetemi perché ma ho preferito accendere il Camietto e spostarmi… ma faceva buio e ogni macchina che mi si metteva dietro pensavo mi stesse seguendo… psicosi a mille…ma sono momenti… e corro verso il centro dove sapevo esserci un altro parcheggio free. Più mi avvicino e più cresce il numero di persone sulle strade, non sui marciapiedi, sulle corsie! fino a capire che quella sera c’era la festa della città e il fulcro di tutto era il parcheggio che avevo adocchiato come alternativa. Ok, strada chiusa e inversione davanti ad almeno 10 auto della polizia con lampeggianti accesi, avevo un tagadà in testa tra luci e suoni e esperienza d’angoscia appena passata ma in un attimo sono fuori dal centro…e dopo essermi fermato a guardare la cartina decido di attraversare un ponte e fermarmi sull’altra sponda del fiume che ne attraversava il centro, il lato tranquillo…. Bene trovo posto in riva al fiume e posso anche godermi le luci dall’altro lato, deciso mi fermo qui e in un attimo sto già dormendo. Ma non finisce qui, alla mattina scopro che dalle prime ore del giorno stanno montando un palco a 100 metri da me e che quella sera la festa (che durava in tutto una settimana) si sarebbe spostata dal mio lato del fiume. Quando tutto cade così non ci puoi far nulla, cambio programma e decido di diventare parte dei festeggiamenti che tra fly-board , barche a vela, beach volley, rappresentazioni in costume d’epoca, cavalli, locande che fumano e diffondono odori di carne d’orso tutto il giorno, fuochi artificiali e tanta ma tanta gente, mi hanno fatto vivere atmosfere antiche, trasmesso un assaggio della passione di un popolo legato fortemente ancora a tradizioni pagane che affondano nella storia le loro origini.

Prossima tappa Mosca…ma è un’altra storia….

Pubblicato senza rileggere, ho scritto troppo, e ho sonno….il viaggio continua…