Ciao a tutti! riprendo con un piccolo riassunto per colmare questa lunga assenza dal blog. Ovviamente ricordo che per godere di questo viaggio giorno per giorno il canale per ora più aggiornato è Facebook o Instagram… cercate “roadsontheway” !!!!!

Riprendo dalle emozioni forti della Mongolia dove ho messo alla prova le mie doti di viaggiatore solitario, attraversando le temperature, per fortuna, ancora temperate nel deserto dei Gobi, guidando per oltre 1600 chilometri tra dune di sabbia, montagne, deserti di roccia, incontrando solo due persone in cinque giorni di passaggi off-road a volte anche molto impegnativi, e ritrovandomi nel giro di una notte immerso nel bianco della neve.

Durante questa attraversata ho provato le emozioni e le paure che cominciano naturalmente a riempire la testa quando ti trovi veramente isolato, quando ti rendi conto che dall’ultima persona che hai visto hai guidato per altri 500 chilometri… in un ambiente duro, a volte quasi lunare, tra rocce e sabbia, coperto da poca vegetazione spesso secca e bassa. La cosa che ricordo bene, è il vento che spostava la macchina, la mancanza assoluta di strade (la Mongolia occupa una superficie 5 volte l’Italia, ha una popolazione di 3 milioni di abitanti contro i 60 milioni dell’Italia e ha solo 1700 chilometri di strade asfaltate) e la mancanza assoluta di alberi. Dormire nel mezzo del nulla, vedere i cammelli correre di notte senza far rumore alcuno, sentire i cani che abitano quelle terre nascondersi sotto il Camietto sbattere con le code sul telaio, dover valutare continuamente la miglior via per arrivare al punto gps verso cui ti dirigi, cambiare rotta per evitare crepacci, montagne, canyon, fiumi, calcolare l’autonomia e i consumi per arrivare a destinazione in sicurezza, comprare qualcosa da mangiare conservato in una buca sotto terra…. tutto questo e molto altro mi torna in mente pensando al sud della Mongolia. Si, nella mia mente ho due paesi molto diversi, il sud arido e desertico, e il nord dove ricompaiono gli alberi, le città si fanno più frequenti, comincio a trovare sorgenti calde e dove gli allevatori di bestiame (per lo più pecore e capre) si muovo seguendo le greggi. In una notte mi addormento in una tormenta di sabbia e mi risveglio in un paesaggio completamente coperto di neve, dove trovare i sentieri segnati nella terra diventa veramente un’impresa titanica, le temperature cominciano a precipitare, e capisco che l’inverno è veramente alle porte quando una notte mi ritrovo senza riscaldamento nel Camietto perché il gasolio, anche se additivato con i prodotti atti a prevenire il congelamento, cominciava ad essere troppo denso per la pompa che serve il riscaldatore. Guidare sotto la neve diventa sempre più difficile, i chilometri percorsi giornalmente diminuiscono in maniera importante, le strade non ci sono, e il ghiaccio che si forma sui tergi cristalli mi costringer a fermarmi ogni dieci minuti per eliminarlo consentendomi di riprendere la guida. Ma questo è il bello del viaggio, ogni giorno una sfida… fino ad arrivare nuovamente sul confine russo, per entrare i Siberia, puntando velocemente al lago Baikal, patrimonio dell’umanità, lago d’acqua dolce più profondo e con il più grande volume d’acqua del mondo.

Ma i freddi dati non possono descrivere le sensazioni che ti trasmette respirare la fredda aria mattutina mentre passeggi sulle sue rive incontrando spesso cartelli che ricordano di far attenzione alla presenza degli orsi (per fortuna nei giorni del mio passaggio gli orsi dovrebbero esser stati in letargo). Mi godo alcuni giorni tra giornate di sole e tempeste improvvise guidando lungo le rive del Baikal, e rilassandomi in piscine di acqua calda. Ma la mia meta è Vladivostok, distante ancora più di 5000 chilometri di Siberia tra ghiaccio, neve e piccoli villaggi dispersi tra i boschi e devo fare i conti con il mio visto…quindi decido di muovermi ed affrontare questi nastri di ghiaccio tra gli alberi dove autotreni sfruttano le lunghe discese tra le valli per riuscire a risalire sull’altro versante…ma spesso non ce la fanno e devono fermarsi a spalare ghiaino sulla strada per riprendere aderenza e proseguire… guido per oltre 15 giorni in queste condizioni, tra camion fermi nel mezzo della strada, rimorchi e auto rovesciati e dove spesso mi sono fermato ad aiutare autisti in difficoltà… a volte è stato davvero difficile mantenere il controllo del Camietto, ma con pazienza e anche un po’ di fortuna sono arrivato a destinazione. Ricordo con piacere le serate gelide passate a cercare di capirmi con i camionisti fermi a bordo strada con i quali spesso ho condiviso una piazzola sicura un po’ defilata dalla strada principale per evitare che un camion, che spesso continuano a viaggiare anche durante la notte (io proprio non me la sono sentita di guidare in quelle condizioni di notte) potesse investirci nel sonno, cosa che mi spiegavano spesso capita. A volte gli stessi autisti hanno parcheggiato i loro mostri della strada a riparare il Camietto da incidenti notturni, per poi invitarmi a bere qualcosa di caldo all’interno dei cassoni coibentati spesso provvisti di stufa a carbone che dona a questi ambienti un odore di bruciato misto gasolio indimenticabile. Persone strane i russi, sembrano sempre arrabbiati, ma è solo un modo di fare, dopo poco capisci che ognuno nasconde un sorriso.

Ma sono arrivato a Vladivostok, ed è ora di chiudere il Camietto i un container per ritrovarlo in Australia mentre prendo un volo per il Giappone, Islanda e Italia aspettando il giorno giusto per sbarcare finalmente a Brisbane.

Dopo aver viaggiato per 25 paesi, aver attraversato 32 frontiere, percorso 50k chilometri in auto, ed esser volato in Giappone, Islanda e Italia… finalmente oggi sono in Australia…ma questa è un’altra storia….
Roberto